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ISOLA DI LEWIS | Gli scacchi vichinghi


Una mareggiata si era abbattuta sulla costa dell’isola di Lewis. Capita spesso, ma in quella mattina del 1831, una cassa in pietra era spuntata dalla sabbia e un contadino penso’ di aver dissotterrato dei folletti. Lasciata la pala sulla spiaggia si mise a correre verso il villaggio per poi tornare in compagnia di amici; insieme si misero a scavare e portarono alla luce settantotto personaggi scolpiti su zanna di tricheco. Lo stupore fu grande, vennero chiamati gli esperti che dopo attenta esamina, li identificarono come pezzi di un set di scacchi di fattura vichinga. Dedussero da alcuni particolari che furono creati dalle mani di un artigiano norvegese probabilmente della citta’ di Trondhjem, la capitale della norvegia medievale e concordarono a datare i pezzi attorno al 1150-1200 Erano ben conservati, e ritenevano ancora il color barbabietola originale, oggi purtoppo scomparso.

Undici esemplari di queste piccole sculture sono ora esposti presso il museo nazionale scozzese di Edimburgo; sono i dettagli e le loro espressioni a renderli unici oltre che simpatici. Esprimono tratti umani quali potere, bellezza, paura e ironia. Il re ha la spada sul grembo con un’espressione di sfida, sembra dire “prova a prendermi” mentre la regina con la mano sul volto appare annoiata e assorta nei suoi pensieri. La terza figura e’ il vescovo benedicente che indossa una mitra il cui stile ha permesso una datazione dell’intero set attorno alla seconda meta’ del secolo XII.

Quando li vidi la prima volta esposti al museo non ho potuto trattenere il sorriso, in particolare di fronte al cavaliere orgoglioso che monta un cavallo minuscolo. Ma il pezzo piu’ geniale mi sembro’ quello che per noi oggi e’ la torre: un guerriero che addenta il proprio scudo con una smorfia! L’artigiano ha voluto in questo pezzo omaggiare il passato pagano di una societa’ vichinga oramai divenuta cristiana. Si tratta infatto di un berserk in fase di assalto, ovvero uno di quei predatori scandinavi che, spesso vestiti con pelli di orso e invasati dallo spirito di Odino, emettevano grida ferali facendosi strada con l’ascia, come fossero posseduti dalle forze del male, terrorizzando gli abitanti dei villaggi scozzesi.

Il contadino dell’isola di Lewis aveva dissotterrato un gioco di ottocento anni fa, uno splendido autoscatto ironico di scandinavi approdati nelle isole Ebridi dapprima come razziatori e col tempo divenuti stanziali.




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